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Showing content with the highest reputation on 20/03/2019 in all areas

  1. 2 points
    Ragazzi, solo non togliete la paletta alle Strato perchè poi non sapete più dove attaccare le corde.
  2. 2 points
    Mannaggia il porco del vostro ddio!!!!!
  3. 2 points
    Antipatico? Un mio amico non finirà mai di ringraziarlo per tutte le chiavate che si è fatto sulla Panda grazie al suo impeccabile servizio al buon vecchio Biagio Antonacci.
  4. 1 point
    Dopo anni di design al limite del film horror finalmente la mia amata Peterson se ne è uscita con un tuner BELLO🎉🎉🎉🥳🥳🥳 Mó devo accattarmelo per forza🤦‍♂️ https://www.petersontuners.com/products/stroboStompHD/
  5. 1 point
    Intro. Ecco un “postino” per chi avesse voglia di leggere, l’avevo già pubblicato su un altro forum ma lo schiaffo pure qua, se vi desse noia lo piallate e mi bannate a vita, concernente una delle collezioni Fender (ma anche Gibson e altra robetta) più importanti e complete del globo terracqueo, che, vedi un po’, è in Italia. Nelle mani di un privato. Caso mai qualcuno, leggendo più avanti, capisse di chi si tratta, lo prego vivamente di NON fare il nome del personaggio in questione per ovvi motivi. Siamo comunque su un forum pubblico e la privacy è anche un obbligo di Legge. Conobbi questo personaggio per puro caso al matrimonio di un mio caro amico squattrinato come me, che ebbe la brillantissima idea di sposarne la figlia. Una vera ingiustizia insomma, visto che il mio amico non suona e delle chitarre non gliene può fregar di meno. Com'è, come non è, finisco a parlare di chitarre col personaggio in questione. Il quale è stato anche musicista per davvero nei Sixties. Molto appassionato, nonché amico personale, di questo signore qui con la Strato rossa e gli occhiali: E infatti mi invita nel suo vero e proprio museo, di fianco allo studio di registrazione che ha in “casa” per giocare. Bene, buttata lì su una poltrona c'è una Strato '59 di fianco ad un AC30 col suo bel Binson appoggiato sopra. Ingenuamente gli dico: “Capperi! Sembra il setup di Hank Marvin...” E lui ridendo: “No, è il setup di Hank Marvin. Quello con cui è stata registrata Apache in pratica.” Non ho saputo trattenermi ed ho esclamato: “'Ma porka paiella impestata di your sister!” A momenti collasso: tutte le Gibson storiche possibili e immaginabili, senza contare le Gretsch. Ma essendo io prevalentemente un fenderista, mi fiondo diretto verso una “Broadcaster” in condizioni eccellenti nonostante l'età che ha subito di fianco una “Nocaster”, fino alla “Telecaster”. Ci sono proprio tutte. Dal '51 al '65. Punto. Mentre tentavo di riprendermi coi sali, girato l'angolo, le Strato. Tutte: dal '54 al '65. Compreso un prototipo in cedro libanese col body in due pezzi giuntato sulla spalla superiore. Vi risparmio le acustiche e gli ampli... Ma la cosa più sorprendente in assoluto, visto che lo avevo appena conosciuto, è che mi ha offerto di farci una grattata insieme. Così, mentre lui porta in giardino con adeguato carrellino semovibile l'AC30 di cui sopra, io mi fiondo verso una Strato '62 Sunburst. Da sempre l'oggetto dei miei sogni bagnati. Ovviamente suoniamo Apache e io gli faccio da ritmico. Perché il tipo qui suona pure. E anche bene… Parte Seconda. Ma come sono queste chitarre leggendarie che arrivano a costare oggi quanto un appartamento? Prima di addentrarmi in considerazioni personali scaturite da impressioni altrettanto personali, vi avverto che non sono né un liutaio competente, né un buon musicista. Ma semplicemente un appassionato di certa musica, o meglio, di certi suoni, che si ottengono con certi strumenti ma proprio volendo, e io non voglio, pure con Fractal e Line 6. Siccome si tratta appunto solo di una passione tra le altre, mi piace, quando il tempo lo permette, approfondire un po' le cose con un approccio filologico. Quindi mi documento per avere almeno un'infarinatura di base che mi consenta un minimo di cognizione di causa. Prima della crisi e quando il portafoglio me lo consentiva, ho girato molte Strato negli anni, comprate e rivendute, fino a trovare i “miei” strumenti. Dalle Japan vintage alle Standard americane, dalle messicane alle Custom Shop americane. Il personaggio di cui sopra, ha raccolto i suoi strumenti nel corso di tutta la vita. Ben prima della nascita del Custom Shop Fender e della seguente mania relic, si dice, ispirata a John Page da Keith Richards degli Stones. Dunque, il personaggio, a suo tempo cercava strumenti originali dell'epoca certificati e garantiti direttamente negli Usa e nelle migliori condizioni possibili. Cercava fondamentalmente delle vere NOS. E tra la metà degli anni '70 e '80 ancora si poteva. Mica come molta roba che gira oggi spacciata per vintage sopraffino. Soprattutto se a prezzi allettanti. Comunque stellari. Il tanti casi sono pacchi. Quanti milioni di chitarre avrà mai potuto produrre Leo Fender dal '51 al '65? Comunque sia, nel vintage vero e proprio non esiste pedalanza. O meglio, qualcosa di rudimentale usavano anche, tipo i primi fuzz o wha, cioè roba modernissima venuta dopo, ma la cosa più importante erano gli strumenti: cioè la chitarra e l'amplificatore. Considerato anche quest’ultimo un vero e proprio strumento al pari della chitarra. Poi c'erano tremoli e riverberi valvolari, gli echo e più o meno stop: mani, orecchie, cuore e capoccia. Non ho avuto modo di provare tutte le sole Fender del personaggio – veramente tante – ma solo alcune. In particolare la '59 di Marvin col suo AC30 abbinato, un prototipo '54 in cedro libanese, una '62 e una '65 col transition logo. Sfatiamo qualche mito: mica vero che tutte le pre-CBS suonano incredibilmente superlative. Alcune suonano proprio da schifo come molte attuali Custom Shop. Infatti il personaggio mi disse che dovette scartarne diverse durante la sua ricerca, pure se in particolari custom color e storicamente rilevanti ai fini della sua collezione. Questo per dire che molti strumenti odierni, anche di fascia medio-bassa, suonano proprio bene e spesso meglio di quelli vintage originali. Anche qui contano solo le orecchie e le mani. Tornando alle chitarre del tipo. La '59 è davvero impressionante. Mai sentito nulla di paragonabile sino a quel momento. Sembra un pianoforte. Armonici “lunghi e profondi” a non finire. Prima di essere un'elettrica è una “solid body acustica”. Estremamente risonante e potente già da spenta. Trasmette la vibrazione dal body direttamente allo stomaco in maniera molto consistente e avvertibile. Costruita all'epoca su specifiche dello stesso Marvin nel suo tipico custom color, ha un manichino sottile con tastiera in palissandro e tasti jumbo. Il ponte è ovviamente tenuto flottante. Pick up anche quelli su specifiche delle stesso Marvin di cui non ricordo con esattezza le caratteristiche tecniche per cui non mi avventuro, diciamo che potete farvi un'idea studiando le caratteristiche dei suoi Kinman signature. Nessuna particolare finitura speciale o magico switch nascosto. Corde grosse. Non ricordo esattamente nemmeno la scalatura ma direi simile a una muta 0.11/049, a me peraltro ben nota e confacente. Action piuttosto alta con assetto generale pressoché perfetto. Sostanzialmente una chitarra sugli standard dell'epoca con qualche adattamento alle esigenze del playing di Marvin. Ma qui bisogna subito introdurre l'altra metà di quel suono al netto della mani di Marvin: l'AC30 e il Binson. Pur non essendo per nulla un fanatico della musica di Marvin – sono un ignorantone e vado di rock blues alla carbonara – l'emozione di accendere un AC30 dell'epoca con tanto di logo (ingiallito) verniciato sopra “The Shadows” è stata grandissima: se non altro per la Storia. Marvin è stato uno dei primi, se non il primo, a portare “davanti” la chitarra elettrica secondo la concezione moderna. Il suono se volete ve lo potete sentire nelle registrazioni originali dell'epoca, ampiamente rintracciabili in rete. Mentre il set up che vedrete in foto e video dell'epoca è proprio quello, non simile ma quello, che ho avuto tra le mani. Bene, quell'AC30 non è ovviamente paragonabile a quelli odierni. Non dico meglio o peggio per non scatenare le solite pippologie espertologiche, dico diverso. Semplicemente perché è costruito diversamente. Con tecnologie e componenti dell'epoca. In ogni caso una gioia per le orecchie: una purezza, una dinamica, un timbro semplicemente stellari. Mai sentiti per me dal vivo sino ad allora. Infatti successivamente ho cominciato a fare molta più attenzione a quanto ascoltavo, avendo avuto la possibilità di aumentare di molto le mie conoscenze. Comunque sia, ho chiesto al legittimo proprietario di tanta bellezza di settarmi il tutto in stile Shadows per la prova. Orca boia! Che suono. Puro Paradiso per me. Eppure niente a che vedere col suono di Marvin. Semplicemente perché suonavo io. Dunque ci ho grattugiato sopra la mia ignoranza: non volevo andar più via. Restituito il set up con le stesse regolazioni al legittimo proprietario, dal suo playing usciva invece esattamente il suono di Marvin. Perché è la sua musica e se l'è studiata, introiettata e provata tutta la vita. Parte terza: la prototipo '54 in cedro libanese. Mi permette di fare una semplice considerazione sui body in più pezzi. Oggi le Fender di “qualità” hanno tutte il body in due pezzi giuntato al centro. Alcune custom shop “master built” dai prezzi improponibili hanno il body in pezzo unico mi pare. Dalle american standard comprese in giù (ma a volte anche in su) son quasi tutte col body in tre pezzi. Quindi una schifezza? Proprio per niente. Anzi, in linea teorica è quasi meglio il body in tre pezzi con il blocco centrale unico – a cui è avvitato il manico – con le due spalle poi giuntate. Sempre in linea teorica il blocco centrale dovrebbe garantire un pelo di sustain in più con conseguente miglioramento della risonanza generale dello strumento. Non mi avventuro oltre per non dire altre sciocchezze... Le Fender pre CBS dal '51 al '65 avevano in genere il body in un pezzo unico. Ma non sempre. Anche qui in linea teorica sarebbe la soluzione migliore in termini di risonanza. La ragione principale sta nella reperibilità e nella stagionatura di legni di qualità. All'epoca non c'erano tutte le restrizioni ecologiche che ci sono adesso in termini normativi. Specialmente su legni particolarmente rari e costosi. Ed è anche la ragione principale per cui le produzioni su larga scala odierne di qualità hanno minimo il body in due pezzi. Al tempo il legno costava quindi molto meno in proporzione ad oggi. E ce n'era una disponibilità molto maggiore. Sia in termini di quantità che di qualità La '54. Solitamente per le chitarre dell'epoca col body in due pezzi, si preferiva giuntare sulla spalla superiore e non al centro. Per le ragioni indicate più sopra. Mollata la '59 di Marvin, la chitarra che mi fu assegnata per il “gig” dal tipo era appunto questa prototipo '54 in cedro libanese – ma ho provato anche la '62 e la '65 – per le nostre grattate. L'amp assegnatomi per lei era un Twin Reverb. Non ricordo di che anno; sicuramente un anno buono. Vietatissimo l'uso di qualsivoglia pedalino. Tastiera in acero. Tasti vintage piccolini. Muta 010. Un “V neck” cicciottello da urlo. Body ovviamente verniciato nitro con venature a vista e al tatto in un bel sunburst a due toni dall'aspetto scuretto tipo tobacco. In ottime condizioni. Perfettamente assettata. Questa chitarra, mi è stato detto, e non ho avuto motivi per dubitare conoscendo il personaggio, a proposito, vi ho detto delle Gibson? E delle Les Paul di Les Paul? Vabbè, torniamo alla '54 che era appunto una prova, un prototipo, di Leo Fender per un'edizione in cedro libanese derivante da una partita di legni su cui aveva messo le mani. Questo ci fa capire che all'epoca i legni avevano la loro bella importanza anzichenò. Dimenticavo, da un punto di vista della liuteria, direi che il livello di finitura delle chitarre d'epoca è paragonabile a quello delle odierne Custom Shop. Che a parte le costosissime “master built” sono anche quelle di produzione industriale. Diciamo che le Custom Shop di oggi possono equivalere alle standard dell'epoca in termini di cura e qualità costruttiva. In più dovrebbero essere usati dei legni di maggiore qualità e più selezionati ma ovviamente non paragonabili a quelli dell'epoca. I pick up sono i classicissimi '54 d'epoca. Con ancora un ottimo livello di output e un magnifico colore nonostante l'età. Più che pick up direi dei veri e propri cantanti. Il suono? Porca paiella ladra impestata! Stesso ragionamento sulla risonanza e trasmissione della vibrazione allo stomaco fatto per la '59 di Marvin. Solo che in questo caso i pick up hanno proprio quel suonino sentito in molti dei miei dischi preferiti. Dolce e delicato ma pieno e nel contempo friccicoso, ricco e dinamico. Non troppo aggressivo eppure cattivello insieme. Insomma, una '54. Zio bello che bassi! Pieni e profondi. Infiniti ma non invadenti, leggermente sotto. Medi a volontà ma per nulla nasali o inscatolati fastidiosi. Ma invece aperti e dinamici. Cantati appunto. La gamma alta? Che ve lo dico a fare. Selettore rigorosamente a tre posizioni. Purtroppo il personaggio non ha voluto saperne di regalarmela. Sarà stato il Twin d’epoca, potreste obiettare molto correttamente voi: no, era proprio la chitarra. Semplicemente perché mi ero portato dietro il mio "catrame" Custom Shop che possedevo allora. Era una stupenda time machine '60 relic bianca con tastiera in palissandro e manico bird eye, uscita nei ‘90 dal custom shop di John page, e che avevo portato proprio, chiedendo il permesso in occasione di un’altra grattata, per fare dei confronti con le originali. L'ho suonata sia nel AC30 che nel Twin. No bella eh, bei suoni e tutto. Finitura stupenda. Ma dopo i confronti rischiavo di farci legna da camino e l'ho venduta subito. Buona Befana allora.
  6. 1 point
    non è che sei tradizionalista, è che non sei un liutaio/ingegnere poi a me le headless fanno cagare esteticamente, ma hanno decisamente le loro ragioni d'essere
  7. 1 point
    Anche io sono tradizionalista, la mia chitarra sarà sempre una strato, però siamo anche nel 2019. Perchè headless? Boh, estetica, leggerezza, meno punti di attrito fra le varie parti, più stabilità e accordatura con tenuta incredibile. Motivi ce ne sono tanti.
  8. 1 point
    Rispetto al Polytune grande: Polytune: 122 x 72 x 50 mm Peterson: 129 x 66 x 54 mm Un pelo più alto e lungo, un pelo pelo più stretto si direbbe.
  9. 1 point
  10. 1 point
    Dovresti provare una Strandberg, poi ne riparliamo.
  11. 1 point
    Sono accordature studiate per strumenti specifici, si allontanano leggermente dal temperamento equabile per meglio adattarsi alle imperfezioni di quel particolare tipo di chitarra. Ad esempio ce n’è una per la chitarra acustica, una per la 12 corde, una per le elettriche a scala corta ecc. Funzionano da paura.
  12. 1 point
  13. 1 point
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