Fole, la verità è che sei rimasto sconvolto dalla vicenda del sample, e stai cercando un'ontologica quanto fallace redenzione buttandola nel metafisico. Mi sa che la maieutica applicata al playing non funge molto bene, però. Un'altra verità è che il suono E'il chitarrista, il resto sono mezzi e mezzuci che amplificano e alterano il tono. Per rendersene conto basta ascoltare i chitarristi (quelli veri, non quelli che suonano accidentalmente la chitarra-e ne hanno tutto il diritto, per carità) a chitarra spenta. Si fa troppac onfusione tra il playing di un maestro e la sua stumentazione; si centellina ogni pedaleplettrocavo tentando di replicarlo, per poi cadere nella contraddizione di ascoltar elo stesso artista con altra roba sostenendo "E'sempre lui, è sempre il suo suono". E grazie al cazzo, si riconosce uno stile dominante, un'istanza narrante che si esprime in maniera univoca e che in qualche modo è sempre superiore al suo gear. Page è page con la tele o la lespolla, SRV è sempre lui con superreverb, dumble o marshall. Non è il Cornish, è Gilmour. La butto sul personale; l'unico mio sample sopravvissuto di fine anni '90 (credo) l'ho fatto con una pacifica e una gt5 dritta nel pc. Adesso, dopo milioni di roba comprata, con onestà devo dire che quello che si percepisce quando suono è sempre quella roba lì. Certo, cambia la botta, lo spettro armonico più completo, il tone, io sono infinitamente cresciuto, ma spesso mi chiedo se il gioco valga la candela, dato che a mio parere il 90% di un suono è il chitarrista in sè. Il tuo peso, il tuo modo di plettrare, il polso, la foga, la figa, la rabbia o la lucida sintonia che talvolta hai con il tuo strumento; tutta roba unica come le impronte digitali, ed è quello che esce dal cono. Chiaramente non sto dicendo che un mesa mark col gain a palla suona alla fin della fiera come un bassman tirato a cannone.
Poi suoni belli suoni brutti, non so. Definirlo in assoluto è -ovviamente- impossibile. Io ho suoni che al momento prediligo, suoni che trovo più adatti con una certa band e meno con altri. Ma l'idea che esista un sound "superiore" è quantomeno ingenua e deleteria. Dato che antropologicamente l'uomo è un essere bioculturale, un suono è semplicemente un prodotto di una certa cultura in un certo momento. Siamo tutti cresciuti con dei suoni nelle orecchie che abbiamo imparato a riconoscere e che abbiamo accettato, attraverso una super-imposizione che ha molto poco d'innato e tantissimo d'abitudine. Poi i tuoi gusti ti fanno preferire questo o quello, ma è un altro discorso. Se per caso dovesse attenderci un decennio di musica in cui le megaproduzioni impazziscono e iniziano ad usare velcrofuzz ovunque per avvicinarsi ad un certo tipo di Synth, questi non sarebbe più un sound che per ora è un pochetto snob, ma sarebbe la regola. Il tuo orecchio imparerebbe a conoscerlo e a classificarlo come standard, e di conseguenza, data la notorietà, diverrebe piacevole. O forse continueresti a non impazzirci sopra, ma la fortuna di quel suono sarebbe certa e assodata. Ricordatevi le produzioni con i chitarroni anni '80, supercompressi da far schifo. Eppure piaceva, si cercava quella roba lì. Adesso la cosa sarebbe un pochino vetusta, ma sono certo che prima o poi quel tipo di impatto sonoro tornerà in auge. La cosa, a livello di semiotica musicale (e quindi un pochetto più degna d'esser trattata), vale soprattutto con la grammatica della musica che inconsciamente apprendi, anche senza sapere una mazza di armonia. Sono certo che se ti canticchio quattro note della scala maggiore e ti chiedo di continuare, tu concluderai con le note "giuste" di una scala maggiore (se sei intonato), e senza sapere nulla del rapporto fra i vari intervalli. Questo perchè per radio e per la televisione siamo stati bombardati di canzoni la cui armonia è quella della scala maggiore. Avessereo trasmesso per 20 anni solo Zappa, canticchieresti con sicurezza la minore melodica.
Tè capì?