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Showing content with the highest reputation on 10/07/2019 in all areas

  1. 1 point
    Premessa Apro questo 3D per parlarvi della rivoluzione recentemente avvenuta nel mio modo di registrare la chitarra all’interno del mio home studio. Chi mi segue saprà benissimo che ormai da diverso tempo mi ero incamminato per la via, sempre più battuta, degli impulsi di cassa e delle load box reattive: è un percorso che non rinnego assolutamente, che mi ha fatto imparare molte cose e che mi ha dato buonissimi risultati. Tuttora credo sia il metodo migliore per suonare e registrare in casa propria quando il livello massimo consentito di decibel si avvicina allo zero…però è inutile negarlo, non è un metodo esente da difetti e in questi anni di “frequentazione” non ho potuto fare a meno di notare i più vistosi, riassumibili a mio avviso in questo modo: 1) Gli IR fanno un ottimo lavoro nell’emulare l’EQ tipica di quella determinata cassa o di quel determinato cono ma l’aspetto dinamico, quel senso di immediatezza, di aria che si muove…beh, da quel punto di vista gli IR a mio avviso non centrano ancora l’obiettivo al 100%; 2) Forse proprio a causa di quanto detto sopra gli IR tendono a mio avviso ad appiattire le differenze, nel senso che noto molta più diversità fra i miei ampli quando li attacco ad una cassa vera piuttosto che quando li sento processati tramite IR. Stesso discorso per le chitarre; 3) Gli IR sono spesso estenuanti dal punto di vista della ricerca sonora, nel senso che le opzioni sono quasi sempre talmente tante da gettare l’ignaro chitarrista, che in fondo è un essere semplice, direi quasi primitivo, nello sconforto più assoluto. Consapevole dei pregi ma anche dei difetti appena elencati, la mia mente si è sempre mantenuta aperta e curiosa nei confronti delle possibili alternative, vecchie o nuove che fossero: si può tranquillamente dire che io le abbia provate tutte, dalla microfonazione tradizionale a volumi infimi, agli attenuatori di potenza, passando per software di emulazione, macchine digitali stand alone, cab sim analogici e chi più ne ha più ne metta. Solo una via ancora mi mancava, una via che mi aveva sempre incuriosito ma di cui avevo letto recensioni per lo più negative, quella delle famigerate isocab/isobox. Isocab/isobox Per chi non lo sapesse (qua credo nessuno, ma meglio specificare) per isocab si intende una cassa, generalmente dotata di un solo cono, costruita in modo da permetterne la “chiusura” attraverso vari sistemi e “attrezzata” per consentire la microfonatura interna, in modo che il suono fuoriesca all’esterno solo in minima parte ma venga ben ripreso all’interno; l’isobox invece è un vero e proprio contenitore insonorizzante all’interno del quale inserire la propria cassa e i propri microfoni. Al di là delle sottigliezze il difetto imputato a questi sistemi è sempre stato lo stesso: il suono “boxy”, inscatolato, da radiolina, causato da quei complessissimi fenomeni acustici che si manifestano inevitabilmente quando inondiamo di onde sonore belle possenti una spazio molto piccolo. E’ mia opinione che il parziale insuccesso di questi “apparecchi” sia stato causato fondamentalmente dall’incapacità dei costruttori di affrontare e risolvere per tempo i problemi che affliggevano le prime isocab/isobox, tutte molto "rudimentali"…e quando qualcuno si è messo a farlo seriamente…beh, i buoi erano già scappati, per citare un noto proverbio. Questa premessa era necessaria per spiegare come le recenti isocab di ultima generazione (Grossmann, Rivera, Box of Doom), pur suscitando interesse e riscuotendo un discreto successo, non abbiano in definitiva "sfondato" come ci si sarebbe aspettato e come avrebbero secondo me fatto se fossero uscite anche solo 7/8 anni prima, ossia prima che quasi tutti si incamminassero lungo la via del digitale, totale o parziale che sia. Arriviamo ad oggi: SG-Box Qualche settimana fa mi capita una superoccasione per la SG-Box di Grossmann, una delle isocab di cui sopra, inutile dire che non ho saputo resistere. Il Sig. Stephan Grossmann non è uno sprovveduto e, prima di mettere in commercio l’isobox che porta il suo nome, si è preso la briga di analizzare per filo e per segno cosa succede all’interno di essa, in modo da minimizzare le risonanze indesiderate, gli effetti di notch filter e in generale tutti quei fenomeni che stravolgono la naturale equalizzazione di un suono che non ha modo di propagarsi in uno spazio ampio, come normalmente dovrebbe essere. In buona sostanza la SG-Box è composta da 2 “cubi” di egual misura, in uno (quello a contatto con il pavimento) è alloggiato il cono mentre l’altro serve semplicemente da coperchio. Le dimensioni sono contenute e, cosa rara per un apparecchio di questo tipo, l’estetica non è assolutamente un pugno nell’occhio, tanto che la SG-Box (ordinabile nera, bianca, effetto legno e addirittura reliccata) potrebbe tranquillamente passare per una sorta di stravagante mobiletto multifunzione e quindi mimetizzarsi in un eventuale salotto senza attirare particolarmente l’attenzione su di sé. Chiaramente entrambi i “cubi” sono abbondantemente rivestiti di materiale isolante e il cubo inferiore è dotato di piedini in grado di disaccoppiare la cassa dal pavimento. La struttura portante è fatta di un mdf decisamente spesso e il peso totale si aggira infatti sui 30 kg: sollevare anche il solo coperchio si rivela un’esperienza decisamente tonificante. Nella parte superiore del coperchio sono collocati una serie di “assorbitori di frequenze” che hanno la funzione di evitare il boost sui 400hz tipico di apparecchi di questo tipo e principale responsabile dell’effetto “radiolina”. Inoltre nel manuale allegato il Sig. Grossmann spiega nel dettaglio quali interventi fare sull’equalizzazione per minimizzare ancora di più gli effetti negativi dati dallo spazio ristretto. Funzionalmente la SG-Box è veramente ben studiata, 2 (o 3, nella versione custom) staffe metalliche preforate permettono l’alloggiamento fermo e preciso dei nostri microfoni ma il vero colpo di genio sta nel sistema di montaggio del cono: i fermi che bloccano il cono sono facilmente svitabili tramite delle rondelline apposite e anche il collegamento elettrico del cono stesso è veramente semplicissimo grazie ad un set di cavetti che rendono di fatto non necessarie le saldature. Risultato: in circa 60 secondi netti è possibile cambiare il cono montato nella cassa. I collegamenti per i cavi chiaramente sono tutti “preimpostati” e comodamente alloggiati all’interno, esternamente troviamo 2 (o 3, nella versione custom) prese per i cavi dei microfoni e 1 jack per il cavo di potenza. Le questioni chiave La SG-Box permette un abbattimento medio del volume pari a circa 30db: potrebbero sembrare pochi ad occhi (o forse sarebbe meglio dire orecchie) inesperti ma posso assicurare che sono più che sufficienti per spingere l’ampli fino al livello in cui lo si terrebbe normalmente in una sala prove senza rompere le scatole a nessuno. Mi pare un bel risultato, no? Di sicuro è un livello sufficiente per far muovere bene il cono, il che significa che i nostri microfoni riprenderanno un suono bello vivo, vibrante, punchy come direbbero gli americani. Per chi volesse proprio esagerare o avesse un ampli che suona bene solo sparato a volumi da manicomio è disponibile anche un flight case all’interno del quale mettere la cassa, con un conseguente ulteriore abbattimento di circa 10 db. Ottimo. Come suona tutto ciò? Sinceramente ricordo benissimo la faccia che ho fatto la prima volta che ho provato a microfonare una cassa, in quel momento la realtà dei fatti mi ha investito tipo pugno dritto in mezzo agli occhi: lì ho capito per la prima volta che i microfoni non sono strumenti “neutri” come pensavo fossero ma che anzi, il loro “carattere”, il loro posizionamento e (come ho scoperto più tardi) anche il preamp a cui vengono collegati sono tutti fattori determinanti per il suono finale, determinanti almeno quanto l’ampli stesso. Microfonare bene un ampli è tutt’altro che semplice, chi ha provato a cimentarsi in quest’arte lo sa bene…eppure non ho avuto quasi nessuna difficoltà ad ottenere fin da subito suoni per me molto soddisfacenti con la Grossmann, cosa che devo dire non mi aspettavo affatto. Posizionando i miei 2 mic (un Sennheiser E906 ed un Cascade Fathead 2) in modo tradizionale (il ribbon al centro, il dinamico più verso il bordo del cono, entrambi a circa 2/3 cm dal cono) non ho avuto praticamente nessuna difficoltà a tirare fuori suoni di mio gradimento anche usando i preamp interni della mia scheda audio (una Audient ID22)…poi vabè, come potete immaginare mi sono fatto ingolosire e ho ben presto dotato il mio home studio di 2 preamp decenti (un Golden Age Premier Preq-73 e un Warm Audio WA12-mkii), andando chiaramente a migliorare ulteriormente la situazione, ma posso dire con certezza che anche usando solo l’ID22 il livello di soddisfazione è stato da subito alto. Qualche accortezza Come con tutte le cose bisogna avere l’accortezza di utilizzare quei 2 o 3 semplici accorgimenti che rendono la vita più facile e che permettono di ottenere risultati soddisfacenti più velocemente. 1) Le moderne isocab attenuano significativamente il volume percepito all’esterno ma non fanno miracoli, inoltre più la pressione sonora sale più si verificano i fenomeni acustici di cui sopra, ergo…a mio avviso è opportuno non eccedere col volume, gli ampli solitamente (forse quelli vintage senza master meriterebbero un discorso a parte) suonano bene anche senza metter il master a 10, anzi molto spesso suonano meglio senza metter il master a 10, sfatiamolo questo mito; 2) La distanza a cui posizionate il microfono (o i microfoni) deve essere moderata, la tecnica che rende meglio con questi apparecchi è quella del close miking, più ci allontaniamo dal cono e più dobbiamo far fronte ad alterazioni dell’EQ date dall’ambiente; 3) Il tipo di microfono che usate è importante, così come lo è il pattern che il vostro microfono utilizza: i mic più indicati sono quelli dinamici con pattern cardiode, tipo i classici Shure SM57, Sennheiser E906 e similari. Attenzione, nulla vieta di usare mic a condensatore o a nastro e sperimentare con pattern diversi, io lo faccio, adoro i ribbon e la resa è ottima, però bisogna avere qualche attenzione in più nel posizionamento e nel settaggio del volume dell’ampli, dato che questi mic sono in genere più “delicati” di quelli dinamici; 4) Il posizionamento della cassa è anch’esso importante, non tanto per quello che registrate quanto per il monitoraggio. Ho letto di gente che consigliava addirittura il posizionamento in un’altra stanza e cose simili: lo dico subito, è una misura esagerata e assolutamente non necessaria se seguite il primo consiglio della lista di cui sopra. Detto questo, è decisamente meglio non posizionare l’isobox troppo vicino alla vostra postazione di ascolto, sia perché il suono residuo che esce all’esterno disturberebbe il monitoraggio tramite cuffie o monitor, sia perché la vicinanza eccessiva della cassa alle altre apparecchiature elettriche non è consigliabile se si vogliono minimizzare rumori indesiderati. Io tengo la Grossmann a circa 2.5/3 metri dalla mia postazione di ascolto e non ho nessun problema. Conclusioni In cosa i suoni che ottengo ora sono migliori? A mio avviso da tutti i punti di vista. Prima di tutto suonano più…”naturali”, più veri…perché SONO veri. Gli IR hanno fatto passi da gigante negli ultimi anni, questo è innegabile, però c’è sempre quel “quid” che manca, quella sensazione di naturalezza, di aria che si muove, di botta…e poi quelle alte troppo frizzantine che devi sempre starci attento perché quel “sentore” di digitale tende sempre a venire un po’ fuori. Tutto il contrario con la Grossmann: botta tanta, forse pure troppa se non prendi le dovute precauzioni, alte sempre dolci, mai fastidiose, dinamica a mille, tutto molto facile…insomma, l’honeymoon penso di averla superata (ce l’ho da un mese e mezzo) ma non tornerei mai indietro sinceramente. Visto e considerato quello che si dice delle rivali più agguerrite (Box of Doom e Rivera Silent Sister) direi che è ufficiale: le moderne isocab sono arrivate ad un livello veramente alto, risolvendo i problemi che le affliggevano in passato e offrendo ai chitarristi la possibilità di registrare (attrezzatura permettendo) suoni professionali comodamente seduti nel proprio home studio. E’ arrivato il momento di prenderne atto.
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  3. 1 point
    Bei tempi quando si scoprivano gli H9 registrati ma nuovi, le teste di cavallo ed i limiter. Ora si comprano le chitarre del colore della mensola per non crear disturbo ottico mentre si spolvera. Che amarena
  4. 1 point
    Dai video sembra davvero una figata, 6 tracce , stereo, touch screen, loop paralleli e sequenziali.. e un'interfaccia davvero comoda per avere tutto sott'occhio https://singularsound.com/product/aeros-loop-studio/
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