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Showing content with the highest reputation since 14/09/2010 in all areas

  1. 24 points
    Il tema, che adoro, non è mio; l'ho rubato a David Pieralisi. Mi sono divertito col mio J20 ed il suo tremolo. Tele '66. L'audio è un mix tra un Rode NT2-A (dry) e Ox in stereo con abbondanza di reverbero e delay.
  2. 22 points
    Provo a mettere in ordine sparso delle conclusioni a cui sono giunto - e non da ora - sul mio rapporto con lo strumento. Probabilmente la quarantena, anzi, per me la quarantina a fronte dei kg ripresi, favorisce questa sorta di processo catartico volto a riconoscere come reali e ineluttabili dei pensieri latenti, a volte già sfiorati da una considerazione di natura sia cerebrale che emotiva, ma mai affrontati con la consapevolezza di diventarne davvero consapevoli (apparentemente sembra un gioco di parole, ma non lo è). Può capitare che nella vita un frangente anche insignificante o un episodio episodico (come sopra) fungano da catalizzatori e facciano emergere prepotentemente la realtà ("all'apparir del vero" scrisse un poeta). Sono un chitarraio. Ieri stavo strimpellando come se non ci fosse un domani (che sarebbe stato oggi, per la cronaca), quando in prima battuta ho pensato "ammazza che chitarra di merda". In diverse parti della tastiera frustate e ronzii come di vespe incazzate, corde durissime, cigolii, bending che a volume spento più che riprodurre note sembravano imitare il rollio e i rumori tipici di un galeone spagnolo. E qui la prima folgorazione sulla via di Damasco: la chitarra non è di merda, sono le mie mani a essere forgiate di tale sostanza, dalla quale, in questo caso non nascono nemmeno i fiori. Lo sapevo già, ma ne ho preso atto: non sono assolutamente capace di settare lo strumento. Solo la prospettiva del cambio delle corde, che eseguo anche a intervalli di anni (l'ultima volta è andata bene, solo dieci mesi), turba la serenità dei miei sonni. Tornando, tuttavia, allo strumento, devo altresì ammettere che non sia così speciale, se non fosse che è l'unico. Nell'arco della mia poco onorabile carriera di impostore della seicorde non ho avuto tante elettriche e mai più di due allo stesso tempo; tuttavia, tra le mie mani indegne mi sono capitati anche degli strumenti di buona fattura che, in un turbinio di scelte improvvide, ho via via abbandonato per poi ritrovarmi con l'attuale manico di scopa, rimettendoci anche, tra l'altro. E qui la seconda folgorazione: la mia gestione tecno-economica del gear (ah, il gear!) è stata quanto meno scellerata. A parte il discorso su chitarre e ampli, intorno ai quali, tutto sommato, non ho girato troppo, mi sono perso nel labirintico e compulsivo mondo delle scatolette, cambiandole più spesso che le mutande, e anche in questo caso, in un delirio di corsi e ricorsi, di miseria e nobiltà, perdendo soldi che avrei investito o sperperato meglio in altre cose. Gas, hype, mode, promesse di terre promesse, che suono, ah il distorsore liquido, il delay organico, maronna che pasta questo riverbero, senti che dinamica (ma che minchia è, alla fine?!), chi più ne ha più ne metta: il tutto per ritrovarmi a costruire parvenze di suoni che voglio credere di alta qualità e di bellezza eterea, ma che, anche qui all'apparir del vero, si rivelano per ciò che sono davvero, cioè simulacri di qualcosa di non raggiungibile senza mani, chitarra e ampli adeguato. Suoni di merda, in sintesi. Non solo. Mi sono anche reso conto che, anche nel momento in cui l'allora gruppo girava bene e lasciava presagire sviluppi interessanti, non compravo pedali per suonare, ma suonavo per comprarli, convicendomi anche di migliorare nell'esecuzione. E qui siamo alla terza e più importante folgorazione: non so suonare. Non so suonare. Da ragazzino ho preso qualche lezione di chitarra folk (allora si diceva così) da un tizio poi, ahimè, andato in esaurimento nervoso, per ritrovarmi ad accompagnare le celebrazioni di monsignore (perdonami, Ale, se ho mutuato una tua creazione); poi, ho comprato la prima chitarra elettrica ed è cominciata la farsa. Mai fatto un esercizio, mai provato una scala, mai il metronomo, mai curato l'impostazione del plettro, mai badato alla costruzione di accordi, mai sforzato di educarmi al timing, niente di niente. Forse per pietà, più probabilmente per incompetenza, la gente mi diceva che sarei diventato molto bravo. E io ho continuato imperterrito nella mia attitudine di fancazzista, ascoltando magari i grandi dello strumento (e nemmeno tanto, perché molti chitarristi famosi non li conoscevo o non li cagavo) e cercando di imitarli alla carlona, senza applicazione né dedizione. Ad un certo punto, per giustificare la mia imperizia con lo strumento, ho abbracciato il credo fasullo che si basa sul dogma altrettanto fasullo che sono meglio poche note suonate con trasporto che tante eseguite senza anima. Dentro di me, invece, rosicavo perché non ero in grado di suonare riff o lick veloci e soprattutto precisi. Ecco, la precisione: probabilmente non sono mai stato in grado di suonare esattamente la stessa cosa per due volte. A volte, anzi, quasi sempre, non so né come né perché riesca a suonare certi passaggi. Non parliamo, poi, della mia (in)capacità ritmica! Sono uno di quelli che si è buttato nelle produzioni originali, perché, a fronte della sua scarsa padronanza dello strumento, non sarebbe stato in grado di cimentarsi con le cover. Sì, mi è capitato spesso di suonarle, ma raramente sono riuscito ad avvicinarmici realmente o, addirittura, ho cambiato arrangiamento a mio uso e consumo. Mi riconosco un po' di orecchio e una buona capacità di analisi delle altrui performances (aver lavorato per molti anni con un service professionale mi ha aiutato o viceversa), ma le mie competenze si esauriscono qui. Il paradosso è che ho suonato spesso in giro, anche di fronte a un pubblico importante, e ho registrato album ed EP: la grande truffa del rock 'n roll... Nel tempo sicuramente ho imparato a fare nuove cose, ma parallelamente ho perso la capacità di farne altre, proprio per il mio deficit di preparazione tecnica e teorica e, why not, perché di fatto per me la chitarra non è fonte di vita come per molti e spesso giace a prendere polvere nel buio prima che mi decida a prenderla in mano: l'indolenza applicata alla musica. Da anni scrivo e a volte pontifico nei forum, ma chi sono io di fronte a gente che davvero sa suonare, che ha studiato, che sa come trattare uno strumento? Se ci fate caso, ho sempre scritto quasi esclusivamente nella sezione dei pedali, perché altrimenti avrei poco o nulla da dire o da dare (tralascio le mie fasi complottiste, le prese di posizione e le insensate diatribe per le quali ancora provo vergogna e di cui mi devo scusare con diversi tra voi). In verità, anche se apprezzo gli strumenti di pregio e mi piace ascoltare i bei suoni su circa il 99% delle questioni che vengono trattare qui dentro non ci capisco una mazza! Anche se potrei andare avanti, mi fermo qui. Vi chiederete quale possa essere il motore primo alla base di quanto ho appena scritto: desiderio di essere compatito o di sentirsi dire che non è vero? No, piuttosto vorrei candidarmi autorevolmente al 3d demmerda nell'anno del Signore 2020, andando ad arricchire il mio palmares... In realtà avevo bisogno di una sorta di sfogo e di togliermi anche una curiosità: citando un verso di Waters, "does anybody else in here feel the way I do?"
  3. 20 points
    Ciao ragazzi vi posto un paio di lavoretti fatti con alcuni amici per ingannare il tempo in quarantena. Purtroppo posso capire che il jazz abboffa un po' la minchia ma comunque questo passa il convento per ora. Un salutazzo a tutti.
  4. 20 points
  5. 19 points
    ECCOLO IL REGALO DI NATALE IN EXTREMIS!!!! Il famoso video di Don Bread menzionato da Cash!!! Recuperato dagli archivi del web in tutto il suo splendore!!!! Buona visione e buon ascolto !!!!
  6. 18 points
  7. 17 points
  8. 17 points
    e tutto pe non volé mette un cazzo de tap tempo...
  9. 17 points
    http://captiongenerator.com/438582/2-fuzz-in-1 attivate i sottotitoli !
  10. 15 points
    Buongiorno a tutti! Dopo anni passati a giocare principalmente con le Gibson, ultimamente, per "colpa" di alcuni amici che mi portano da provare chitarre clamorose di ogni tipo, e di galeotte chat whatsappiane con @electric swan e @pino , mi è tornata prepotente la GAS da Strato... e si sa che quando la GAS colpisce, poi fa danni grossi In questo caso, il danno prende la forma di 3 nuove Strato, che si vanno ad aggiungere alle 3 che già avevo, il che segna anche il clamoroso sorpasso delle Strato sulle Les Paul a casa gLory... 6 - 5 e palla al centro E una di queste strato, seppur nella versione da semi-povery (body refin, che è l'unico motivo per cui sono riuscito a permettermela), è un bel pezzo di storia: una slab board pre-CBS, data gennaio 1962, con il body refin in Candy Apple Red (probabilmente a fine anni '60), che potete vedere qui sotto: Le altre due nuove arrivate sono queste: la White over Burgundy, presa da Lucio con Pino a fare da tramite... ... e una vecchia conoscenza del forum, ovvero la replica MJT della Cruz Pin-Up (o se vogliamo della "Mother", la strato di Philip Sayce a cui anche Cruz si era ispirato per creare le pin-up), meglio conosciuta come "La Pina"... questa è una chitarra con un look davvero spettacolare, l'ho presa da @Vintage Specs, ma qui dentro l'hanno avuta in diversi: E infine qualche foto di gruppo, mentre tutte e 6 si godono l'ombra dell'ultimo sole estivo in giardino Prima di passare ai video, premetto che inizialmente non c'era l'intenzione di postarli o di scrivere un thread, li avevo fatti principalmente per me; infatti quello "di presentazione", che qui trovate come primo, in realtà è stato realizzato per ultimo, quando mi è venuto in mente che una comparativa di questo tipo, con chitarre diverse dello stesso tipo, tra cui una slab board vera, avrebbe potuto essere interessante anche per altri che magari si trovano in fase di scelta Spero mi perdonerete quindi il playing parecchio approssimativo, mentre registravo quelli amplificati non contavo di farli vedere a nessuno, se non agli amici più stretti. Per lo stesso motivo, non ho accordato standard la Mary Kaye... sta accordata mezzo tono sotto praticamente da quando la presi (ero ancora giovane ) e non avendo nessuna velleità di fare una prova "scientifica", ve la beccate così com'è Per completezza di informazione, riporto qui anche le caratteristiche salienti di ciascuna strato, ovvero le combinazione di legni e i pickups che montano: 1- 1962 slab board, CAR refin - pickups Black Bottom pre-CBS originali (alder\rosewood) 2- 2017 NAMM LTD, Fiesta Red heavy relic - pickups Fender Texas Handwound (alder\rosewood) 3- 2013 Vintage White over Burgundy, heavy relic - pickups King Tone "Blue Bird" (alder\rosewood) 4- 1973 sunburst - pickups Grey Bottom (alder\rosewood) 5- MJT replica of Philip Sayce "Mother" - pickups Sliders NOS wire (swamp ash\rosewood) 6- Cunetto "Mary Kaye" prototype - stock Fender pickups (swamp ash\maple) E adesso, spazio ai video! Tutte le chitarre sono state utilizzate con gli stessi ampli\pedali e con gli stessi identici settings. Come sempre, il tutto è registrato alla buona col cell... e con un delizioso sottofondo di condizionatore rompiballe, ma necessario alla sopravvivenza del sottoscritto INTRO E SUONI ACUSTICI SUONI CLEAN SUONI CRUNCH PLEXI STYLE SUONI CRUNCH BLACKFACE\SRV STYLE
  11. 14 points
    Dì la verità, hai puntato il 6° Boss DD20 sul mercatino. Auro son passioni, ognuno le vive come può e alle volte anche come vuole. Non te ne far croce, l'importante è che rimanga fisso in noi e ben presente il vero scopo della vita: morire ammazzati a pompini.
  12. 14 points
    fresca fresca di assemblaggio del buon Davide/BurnFx!! talmente fresca che devo ancora andare a prenderla [emoji28] Inviato dal mio iPhone utilizzando Tapatalk
  13. 14 points
    Intro. Ecco un “postino” per chi avesse voglia di leggere, l’avevo già pubblicato su un altro forum ma lo schiaffo pure qua, se vi desse noia lo piallate e mi bannate a vita, concernente una delle collezioni Fender (ma anche Gibson e altra robetta) più importanti e complete del globo terracqueo, che, vedi un po’, è in Italia. Nelle mani di un privato. Caso mai qualcuno, leggendo più avanti, capisse di chi si tratta, lo prego vivamente di NON fare il nome del personaggio in questione per ovvi motivi. Siamo comunque su un forum pubblico e la privacy è anche un obbligo di Legge. Conobbi questo personaggio per puro caso al matrimonio di un mio caro amico squattrinato come me, che ebbe la brillantissima idea di sposarne la figlia. Una vera ingiustizia insomma, visto che il mio amico non suona e delle chitarre non gliene può fregar di meno. Com'è, come non è, finisco a parlare di chitarre col personaggio in questione. Il quale è stato anche musicista per davvero nei Sixties. Molto appassionato, nonché amico personale, di questo signore qui con la Strato rossa e gli occhiali: E infatti mi invita nel suo vero e proprio museo, di fianco allo studio di registrazione che ha in “casa” per giocare. Bene, buttata lì su una poltrona c'è una Strato '59 di fianco ad un AC30 col suo bel Binson appoggiato sopra. Ingenuamente gli dico: “Capperi! Sembra il setup di Hank Marvin...” E lui ridendo: “No, è il setup di Hank Marvin. Quello con cui è stata registrata Apache in pratica.” Non ho saputo trattenermi ed ho esclamato: “'Ma porka paiella impestata di your sister!” A momenti collasso: tutte le Gibson storiche possibili e immaginabili, senza contare le Gretsch. Ma essendo io prevalentemente un fenderista, mi fiondo diretto verso una “Broadcaster” in condizioni eccellenti nonostante l'età che ha subito di fianco una “Nocaster”, fino alla “Telecaster”. Ci sono proprio tutte. Dal '51 al '65. Punto. Mentre tentavo di riprendermi coi sali, girato l'angolo, le Strato. Tutte: dal '54 al '65. Compreso un prototipo in cedro libanese col body in due pezzi giuntato sulla spalla superiore. Vi risparmio le acustiche e gli ampli... Ma la cosa più sorprendente in assoluto, visto che lo avevo appena conosciuto, è che mi ha offerto di farci una grattata insieme. Così, mentre lui porta in giardino con adeguato carrellino semovibile l'AC30 di cui sopra, io mi fiondo verso una Strato '62 Sunburst. Da sempre l'oggetto dei miei sogni bagnati. Ovviamente suoniamo Apache e io gli faccio da ritmico. Perché il tipo qui suona pure. E anche bene… Parte Seconda. Ma come sono queste chitarre leggendarie che arrivano a costare oggi quanto un appartamento? Prima di addentrarmi in considerazioni personali scaturite da impressioni altrettanto personali, vi avverto che non sono né un liutaio competente, né un buon musicista. Ma semplicemente un appassionato di certa musica, o meglio, di certi suoni, che si ottengono con certi strumenti ma proprio volendo, e io non voglio, pure con Fractal e Line 6. Siccome si tratta appunto solo di una passione tra le altre, mi piace, quando il tempo lo permette, approfondire un po' le cose con un approccio filologico. Quindi mi documento per avere almeno un'infarinatura di base che mi consenta un minimo di cognizione di causa. Prima della crisi e quando il portafoglio me lo consentiva, ho girato molte Strato negli anni, comprate e rivendute, fino a trovare i “miei” strumenti. Dalle Japan vintage alle Standard americane, dalle messicane alle Custom Shop americane. Il personaggio di cui sopra, ha raccolto i suoi strumenti nel corso di tutta la vita. Ben prima della nascita del Custom Shop Fender e della seguente mania relic, si dice, ispirata a John Page da Keith Richards degli Stones. Dunque, il personaggio, a suo tempo cercava strumenti originali dell'epoca certificati e garantiti direttamente negli Usa e nelle migliori condizioni possibili. Cercava fondamentalmente delle vere NOS. E tra la metà degli anni '70 e '80 ancora si poteva. Mica come molta roba che gira oggi spacciata per vintage sopraffino. Soprattutto se a prezzi allettanti. Comunque stellari. Il tanti casi sono pacchi. Quanti milioni di chitarre avrà mai potuto produrre Leo Fender dal '51 al '65? Comunque sia, nel vintage vero e proprio non esiste pedalanza. O meglio, qualcosa di rudimentale usavano anche, tipo i primi fuzz o wha, cioè roba modernissima venuta dopo, ma la cosa più importante erano gli strumenti: cioè la chitarra e l'amplificatore. Considerato anche quest’ultimo un vero e proprio strumento al pari della chitarra. Poi c'erano tremoli e riverberi valvolari, gli echo e più o meno stop: mani, orecchie, cuore e capoccia. Non ho avuto modo di provare tutte le sole Fender del personaggio – veramente tante – ma solo alcune. In particolare la '59 di Marvin col suo AC30 abbinato, un prototipo '54 in cedro libanese, una '62 e una '65 col transition logo. Sfatiamo qualche mito: mica vero che tutte le pre-CBS suonano incredibilmente superlative. Alcune suonano proprio da schifo come molte attuali Custom Shop. Infatti il personaggio mi disse che dovette scartarne diverse durante la sua ricerca, pure se in particolari custom color e storicamente rilevanti ai fini della sua collezione. Questo per dire che molti strumenti odierni, anche di fascia medio-bassa, suonano proprio bene e spesso meglio di quelli vintage originali. Anche qui contano solo le orecchie e le mani. Tornando alle chitarre del tipo. La '59 è davvero impressionante. Mai sentito nulla di paragonabile sino a quel momento. Sembra un pianoforte. Armonici “lunghi e profondi” a non finire. Prima di essere un'elettrica è una “solid body acustica”. Estremamente risonante e potente già da spenta. Trasmette la vibrazione dal body direttamente allo stomaco in maniera molto consistente e avvertibile. Costruita all'epoca su specifiche dello stesso Marvin nel suo tipico custom color, ha un manichino sottile con tastiera in palissandro e tasti jumbo. Il ponte è ovviamente tenuto flottante. Pick up anche quelli su specifiche delle stesso Marvin di cui non ricordo con esattezza le caratteristiche tecniche per cui non mi avventuro, diciamo che potete farvi un'idea studiando le caratteristiche dei suoi Kinman signature. Nessuna particolare finitura speciale o magico switch nascosto. Corde grosse. Non ricordo esattamente nemmeno la scalatura ma direi simile a una muta 0.11/049, a me peraltro ben nota e confacente. Action piuttosto alta con assetto generale pressoché perfetto. Sostanzialmente una chitarra sugli standard dell'epoca con qualche adattamento alle esigenze del playing di Marvin. Ma qui bisogna subito introdurre l'altra metà di quel suono al netto della mani di Marvin: l'AC30 e il Binson. Pur non essendo per nulla un fanatico della musica di Marvin – sono un ignorantone e vado di rock blues alla carbonara – l'emozione di accendere un AC30 dell'epoca con tanto di logo (ingiallito) verniciato sopra “The Shadows” è stata grandissima: se non altro per la Storia. Marvin è stato uno dei primi, se non il primo, a portare “davanti” la chitarra elettrica secondo la concezione moderna. Il suono se volete ve lo potete sentire nelle registrazioni originali dell'epoca, ampiamente rintracciabili in rete. Mentre il set up che vedrete in foto e video dell'epoca è proprio quello, non simile ma quello, che ho avuto tra le mani. Bene, quell'AC30 non è ovviamente paragonabile a quelli odierni. Non dico meglio o peggio per non scatenare le solite pippologie espertologiche, dico diverso. Semplicemente perché è costruito diversamente. Con tecnologie e componenti dell'epoca. In ogni caso una gioia per le orecchie: una purezza, una dinamica, un timbro semplicemente stellari. Mai sentiti per me dal vivo sino ad allora. Infatti successivamente ho cominciato a fare molta più attenzione a quanto ascoltavo, avendo avuto la possibilità di aumentare di molto le mie conoscenze. Comunque sia, ho chiesto al legittimo proprietario di tanta bellezza di settarmi il tutto in stile Shadows per la prova. Orca boia! Che suono. Puro Paradiso per me. Eppure niente a che vedere col suono di Marvin. Semplicemente perché suonavo io. Dunque ci ho grattugiato sopra la mia ignoranza: non volevo andar più via. Restituito il set up con le stesse regolazioni al legittimo proprietario, dal suo playing usciva invece esattamente il suono di Marvin. Perché è la sua musica e se l'è studiata, introiettata e provata tutta la vita. Parte terza: la prototipo '54 in cedro libanese. Mi permette di fare una semplice considerazione sui body in più pezzi. Oggi le Fender di “qualità” hanno tutte il body in due pezzi giuntato al centro. Alcune custom shop “master built” dai prezzi improponibili hanno il body in pezzo unico mi pare. Dalle american standard comprese in giù (ma a volte anche in su) son quasi tutte col body in tre pezzi. Quindi una schifezza? Proprio per niente. Anzi, in linea teorica è quasi meglio il body in tre pezzi con il blocco centrale unico – a cui è avvitato il manico – con le due spalle poi giuntate. Sempre in linea teorica il blocco centrale dovrebbe garantire un pelo di sustain in più con conseguente miglioramento della risonanza generale dello strumento. Non mi avventuro oltre per non dire altre sciocchezze... Le Fender pre CBS dal '51 al '65 avevano in genere il body in un pezzo unico. Ma non sempre. Anche qui in linea teorica sarebbe la soluzione migliore in termini di risonanza. La ragione principale sta nella reperibilità e nella stagionatura di legni di qualità. All'epoca non c'erano tutte le restrizioni ecologiche che ci sono adesso in termini normativi. Specialmente su legni particolarmente rari e costosi. Ed è anche la ragione principale per cui le produzioni su larga scala odierne di qualità hanno minimo il body in due pezzi. Al tempo il legno costava quindi molto meno in proporzione ad oggi. E ce n'era una disponibilità molto maggiore. Sia in termini di quantità che di qualità La '54. Solitamente per le chitarre dell'epoca col body in due pezzi, si preferiva giuntare sulla spalla superiore e non al centro. Per le ragioni indicate più sopra. Mollata la '59 di Marvin, la chitarra che mi fu assegnata per il “gig” dal tipo era appunto questa prototipo '54 in cedro libanese – ma ho provato anche la '62 e la '65 – per le nostre grattate. L'amp assegnatomi per lei era un Twin Reverb. Non ricordo di che anno; sicuramente un anno buono. Vietatissimo l'uso di qualsivoglia pedalino. Tastiera in acero. Tasti vintage piccolini. Muta 010. Un “V neck” cicciottello da urlo. Body ovviamente verniciato nitro con venature a vista e al tatto in un bel sunburst a due toni dall'aspetto scuretto tipo tobacco. In ottime condizioni. Perfettamente assettata. Questa chitarra, mi è stato detto, e non ho avuto motivi per dubitare conoscendo il personaggio, a proposito, vi ho detto delle Gibson? E delle Les Paul di Les Paul? Vabbè, torniamo alla '54 che era appunto una prova, un prototipo, di Leo Fender per un'edizione in cedro libanese derivante da una partita di legni su cui aveva messo le mani. Questo ci fa capire che all'epoca i legni avevano la loro bella importanza anzichenò. Dimenticavo, da un punto di vista della liuteria, direi che il livello di finitura delle chitarre d'epoca è paragonabile a quello delle odierne Custom Shop. Che a parte le costosissime “master built” sono anche quelle di produzione industriale. Diciamo che le Custom Shop di oggi possono equivalere alle standard dell'epoca in termini di cura e qualità costruttiva. In più dovrebbero essere usati dei legni di maggiore qualità e più selezionati ma ovviamente non paragonabili a quelli dell'epoca. I pick up sono i classicissimi '54 d'epoca. Con ancora un ottimo livello di output e un magnifico colore nonostante l'età. Più che pick up direi dei veri e propri cantanti. Il suono? Porca paiella ladra impestata! Stesso ragionamento sulla risonanza e trasmissione della vibrazione allo stomaco fatto per la '59 di Marvin. Solo che in questo caso i pick up hanno proprio quel suonino sentito in molti dei miei dischi preferiti. Dolce e delicato ma pieno e nel contempo friccicoso, ricco e dinamico. Non troppo aggressivo eppure cattivello insieme. Insomma, una '54. Zio bello che bassi! Pieni e profondi. Infiniti ma non invadenti, leggermente sotto. Medi a volontà ma per nulla nasali o inscatolati fastidiosi. Ma invece aperti e dinamici. Cantati appunto. La gamma alta? Che ve lo dico a fare. Selettore rigorosamente a tre posizioni. Purtroppo il personaggio non ha voluto saperne di regalarmela. Sarà stato il Twin d’epoca, potreste obiettare molto correttamente voi: no, era proprio la chitarra. Semplicemente perché mi ero portato dietro il mio "catrame" Custom Shop che possedevo allora. Era una stupenda time machine '60 relic bianca con tastiera in palissandro e manico bird eye, uscita nei ‘90 dal custom shop di John page, e che avevo portato proprio, chiedendo il permesso in occasione di un’altra grattata, per fare dei confronti con le originali. L'ho suonata sia nel AC30 che nel Twin. No bella eh, bei suoni e tutto. Finitura stupenda. Ma dopo i confronti rischiavo di farci legna da camino e l'ho venduta subito. Buona Befana allora.
  14. 14 points
  15. 13 points
    Ciao a tutti, dopo anni sono caduto di nuovo vittima della gas e ho comprato una Les Paul Junior 2019....è nera e non ho saputo resistere ad una junior nera. Costano tra i 1200 e 1300 euro a secondo dei negozi, con custodia rigida. Visti i prezzi ormai proibitivi della Junior del custom shop, ho deciso di darle una chance. Davvero una gran bella chitarra, rifinita benissimo, suonabilità ottima, ben intonata (cosa non scontata in una junior). Ho giusto dovuto abbassare un pò l'action, per il resto era perfetta out of the box. Ok non avrà la ricchezza armonica di una junior del 56, ma se la gioca con alcune custom shop che ho avuto in passato....
  16. 13 points
    Metto quello che avevo già fatto qualche giorno fa su facebook e sul mio canale YT
  17. 13 points
    Mi sa tanto della storia di come gli americani nelle prime spedizioni a gravità zero avessero speso tempo e denaro a progettare una penna con un sistema che impedisse all'inchiostro di fluttuare all'interno della cannuccia in modo che non si creassero vuoti bla bla bla... Mentre i russi portavano un pacco di matite e sticazzi.
  18. 13 points
    Buongiorno a tutti, oggi vi presento un acquisto recentissimo e non programmato... questo non potevo proprio farmelo scappare per la collezione di echi a nastro vintage Eccolo qua, un esemplare di Wem/Watkins Copicat Custom a valvole, anno 1965, completo di pedale per l'ON-OFF del delay e di case in legno in ottimo stato. Era di un mio amico, che me l'ha portato per sistemarlo ed eventualmente rivenderlo (ignaro del fatto che l'avrei stalkerizzato fino allo sfinimento ), ed è stato per 30 anni chiuso in un cassetto, anche se a giudicare dalla vernice del pannello principale in precedenza è stato sicuramente usato parecchio; le condizioni elettroniche però, appena aperto, si sono subito rivelate a dir poco perfette: neanche un componente sostituito (essendo inglese di nascita, dentro ci sono tutti caps Mustard e Wima, resistenze Iskra ecc), zero saldature rifatte, e corredato di una scatolina con numerosi nastri ancora nuovi dell'epoca. Le valvole pure sono originali e già quelle hanno un discreto valore essendo praticamente nuove: una ECC83 Mullard, una ECC83 Philips placca lunga e infine una valvola meno conosciuta al mondo chitarristico, una Brimar 6BR8... per inciso, il solo valore delle valvole copre quello che l'ho pagato, essendo le due ECC83 in condizioni perfette Dopo aver fatto il reforming dei condensatori, ripulito tutto il percorso del nastro, fatto il degaussing delle testine e di tutte le parti metalliche, lubrificato a dovere tutte le parti in movimento e infine messo un nastro nuovo... direi di sentire come suona Il gear usato stavolta è semplicissimo: - chitarra: Xotic XSC-2 - Wem Copicat - GloryLuxe (settato completamente clean e a volume abbastanza basso) Buona visione e buon ascolto
  19. 13 points
    Allora mi correggo, Cornish, Toneczar, Spaceman e Formula B.
  20. 13 points
    Saranno storti per te che hai gli occhi dritti ma per lui è perfetta.
  21. 12 points
  22. 12 points
    Buongiorno cari, provo a dire la mia e allargare il discorso anche a chitarre e ampli. PEDALI Si, si può fare un clone 1:1 di (quasi) qualunque pedale vintage, e suonerà esattamente uguale al pedale vintage appunto... il QUASI è riferito alla disponibilità di componenti originali, o di altri che siano perfettamente equivalenti dal punto di vista sonoro; fare un clone 1:1 però implica anche un'altra cosa, e cioè che non solo lo schema elettrico sua identico, ma che sia identico anche il layout e - in alcuni casi - il materiale e la dimensione del box. Quindi se volessi rifare un DMM che suoni davvero identico all'originale, dovrei replicarne anche la dimensione... e chi lo vorrebbe un clone DMM grosso come l'originale? In generale, concordo con @Bananas riguardo al discorso meglio\peggio: non esiste un meglio assoluto, esiste un meglio che ci porta ad avere dei suoni che abbiamo in testa o nello stomaco, e solitamente sono i suoni dei nostri guitar heroes quando si parla di strumenti vintage. Anche qui voglio fare un esempio: pedalboard per fare Hendrix... poca roba, Wah + FuzzFace + UniVibe... ecco, se si prende roba moderna ovviamente ci si avvicinerà comunque, ma se per culo si riesce a mettere in fila i 3 pedali originali, magari collegati con cavi a mollettone con una capacità assurda, ci si rende subito conto che non bisogna fare nessun aggiustamento ai toni dell'ampli o della chitarra, che il suono di Hendrix è già lì! Impedenze basse dei pedali, zero truebypass o men che meno buffer supertrasparenti, cavi che ti ciucciano metà degli alti solo a guardarli... questi che oggi sono considerati difetti imperdonabili per un pedale o un rig moderno, sono ingredienti fondamentali per QUEL suono Se ne avete modo, basta fare una prova: prendete una strato, attaccata tramite un cavo moderno dritta dentro una Plexi (va be', ci vorrebbe un certo tipo di Plexi vintage,ma una Plexi a caso va cmq bene per la prova) con il volume a manetta... sentite il suono che viene fuori, è distortissimo, altro che il light crunch che usciva dagli ampli di Jimi! Ecco. Adesso vi pigliate i tre pedalino - o meglio pedalONI - vintage e li piazzate tra chitarra e ampli... spenti eh, non serve accenderli, collegati coi cavi a mollettone (vanno bene anche cavi lunghi Fender Vintage Voltage, quelli col rivestimento tipo tweed)... provare per credere AMPLI Questo è un po' il campo mio... vale quello che ho detto sopra per i pedali, cioè si può replicare perfettamente un ampli vintage 1:1, a patto di avere i componenti giusti ed essere un po' maniaci come il sottoscritto. In questo caso ci sono alcune difficoltà in più, perché pur trovandosi ancora molti componenti NOS (a parte i Mustard che stanno diventando sempre più rari), alcuni componenti originali semplicemente non si trovano come ricambi (ad es. i trasformatori) e vanno rifatti... e farli a livello industriale è impossibile per via delle nuove leggi che ad esempio non consentono l'uso di isolanti al benzene... Dio protegga l'omino ottuagenario che ancora me li fa in garage Una curiosità sugli ampli: c'è un componente molto sottovalutato e chi fa repliche spesso lo trascura: lo chassis... ecco, se fate lo stesso identico ampli dentro uno chassis in alluminio o dentro uno in acciaio, il suono cambia, e cambia in modo assai rilevante; sullo chassis non passa segnale, ma è il ground comune di tutto l'amplificatore, nonché la sua schermatura, e questo modifica il punch e il contenuto armonico dell'ampli, soprattutto sulle frequenze alte. Ah, c'è un altro componente che per mia esperienza su un ampli non è ancora stato replicato... il cono, e cioè l'elemento che più di ogni altro risente del tempo che passa (vedi il discorso legni sotto), perché è soggetto ad usura meccanica ed essendo fatto di carta risente anche delle condizioni atmosferiche, dell'umido, ecc. CHITARRE Qui il discorso è più complesso... ci sono variabili per cui due chitarre sulla carta identiche poi finiscono per suonare diverse, quindi proviamo a "sezionale" e partiamo anche da un assunto: prendiamo per buono che esistano due chitarre veramente identiche, una costruita oggi con legni tagliati oggi, e una nel 1960 coi legni del '60, stesso taglio dei legni da un'ipotetica stessa pianta che ha viaggiato nel tempo... con stessi pups e stesso hardware... e proviamo a ragionarci. La prima cosa è che i legni vecchi di 60 anni NON si possono replicare: anche qui ci sono diversi miti da sfatare eh (tipo il legno che "respira"... che cazz vuole respirare un legno rifinito con turapori e verniciato sopra), ma il tempo che passa non è replicabile e la composizione del legno cambia negli anni: cambiano la sua stabilità, la cristallizzazione di alcuni elementi, la sua risonanza... in meglio o in peggio? Boh, molti dicono meglio, ma non è questo il punto, se si parla di replicabilità 1:1... e in questo caso il tempo non si può replicare (anche se col roasting ci stanno provando). Ma... c'è un MA: e cioè che la nostra ipotetica Fender nuova (identica alla '60) suona oggi come suonava la '60... nel '60! Insomma, una bella Fender di oggi non può suonare uguale a una invecchiata 60 anni, ma manco la '60 originale quando è stata fatta suonava come suona oggi. Diverso è il caso in cui non si utilizzino (o non si possano più usare) legni e materiali uguali. Per l'elettronica delle chitarre vale la stessa cosa detta per ampli e pedali... lì, oltre ovviamente al saperli fare, contano i materiali: un pickup fatto con filo NOS giusto suona diverso da uno fatto con filo moderno, un magnete degli anni 50 dà un suono diverso da un magnete costruito oggi ecc... ma anche in questo caso, finché si trovano i componenti c'è replicabilità. Bon, sono stato un tantino prolisso, ma è un discorso interessante a cui mi sono appassionato da un po' e spero di non aver detto troppe minchiate
  23. 12 points
    Non era una pubblicità quella di accordo.. semplicemente un "comunicato stampa" che Casale Bauer ha mandato a diversi media, fra cui anche accordo, per dare la news che ora distribuiranno loro in Italia i prodotti Gurus e Baroni Lab.. concordo che c'è molta gente che evidentemente ha poco da fare ma vabbè, questo fa parte dei giochi. Due parole però, almeno qui che sono un po' più' di casa, mi va di dirle. Problemi? si.. uhh.. ce ne sono stati tanti negli ultimi mesi.. Prima uno dei nostri principali fornitori che è fallito costringendoci a riparare in corsa su fornitori nuovi (in media questo comporta due mesi di madonne e costi buttati fra campionature, modifiche di files, test ecc ecc.. parlo di telai, Panelli plexi, manopole.. ) La morale è che i problemi che hanno causato l'enorme ritardo cumulato sul T7E, che doveva uscire a settembre e che invece è stato finora consegnato a spizzichi e bocconi, è dipeso dal basso livello di qualità che abbiamo avuto con i nostri fornitori ITALIANI. Sembrerà strano, ma noi ci siamo sempre avvalsi di fornitori locali vicini alla nostra azienda, a parte qualche terzista che ci aiutava negli assemblaggi dei componenti sulle pcb che era nelle marche, dove ancora a fatica resiste un po' di manifattura in questo settore che ormai si è tutta spostata altrove. E' che molte grandi aziende sono andate via dall'Italia e molti piccoli/medi fornitori dell'indotto industriale o hanno chiuso come è capitato al nostro, o sono oberati di lavoro e latitano in qualità, tempistiche, affidabilità. Per il lancio del T7E era stata acquisita una mole di pre-ordini senza precedenti nella nostra storia personale, e tutto ciò è accaduto nel cosiddetto "fourth quarter" ovvero gli ultimi quattro mesi dell'anno, periodo in cui nel nostro settore si concentra una grandissima parte del fatturato annuale, lascio quindi a voi immaginare quanto sono stati grandi e costosi i problemi di cui sopra. E' già il terzo anno di fila che ci troviamo con "problemi" di capacità produttiva, e quest'anno si sono aggravati vista l'impossibilità di approvvigionarci di parti importanti del nostro processo produttivo. Ecco perché una volta per tutte, abbiamo deciso di trovare una soluzione definitiva, ed abbiamo fatto la fusione con Baroni Lab, che ha la SUA azienda in Cina, dove VIVE e LAVORA con proprie maestranze e dove produce tutto a mano. Ci tengo qui a precisarlo, non è il caso del marchio commerciale che sfoglia il catalogo del fabbricone cinese che produce un po' per tutti e sceglie un po' di prodotti da commercializzare a proprio marchio.. Qui si trattava di fare un salto di qualità, affrontare il mercato globale con maggiore competitività, che non significa per me la ricerca forsennata di ridurre i costi, ma assicurarmi almeno di avere la roba sullo scaffale e poterla consegnare subito. Per quanto riguarda le parti che stiamo producendo in Cina ora, come i pannelli in plexiglass ed i telai, la qualità è molto superiore a quella che avevamo dai nostri fornitori italiani.. per il resto, per chi non ci crede che produco a FAENZA, se volete venirmi a trovare e darmi una mano ad assemblare pedali, siete i benvenuti come sempre. Oltre a ciò, è anche avvenuto un altro cambio importante, ovvero l'uscita dalla società di Cicognani, che ha preferito tornare alla sua dimensione di artigiano come una volta, dedicandosi alla progettazione, sperimentazione, e produrre piccole quantità di prodotti. Lasciatemi fare un piccolo "cappello" finale.. vi prego.. prima di commentare oltre, o buttare benzina sul fuoco.. qui non c'è gente ricca che fa pedali a tempo perso.. non abbiamo altri lavori.. in Italia ci sono molti che "giocano" in questo settore non avendo bisogno di lavorare perché ricchi di famiglia, o perché hanno altre occupazioni, dall'antennista, al dipendente pubblico.. questo è il mio unico lavoro, è la mia vita, è ciò in cui ho buttato tutto quello che ho, è ciò che da da mangiare alla mia numerosa famiglia, è ciò a cui dedico le mie giornate, e anche le mie nottate visti i problemi di fusi orari.. sono sempre stato lieto di condividere con tutti la passione che ci accomuna.. però vi prego di pensare che Gurus è una marca di pedali ed amplificatori.. finchè si giudica come sono e come suonano è tutto ok, quando si scende nel personale.... un po' meno. (non è capitato qui eh.. specifico..) Detto ciò, non siamo l'azienda che ha spostato la propria sede per evadere il fisco, non siamo scappati in cina per abbattere i costi, non sta succedendo nulla di tutto ciò.. semplicemente un'azienda che lavora ed evolve e cambia, aggiornando o cambiando il proprio assetto o il suoi processi per competere al meglio.. nel nostro caso il problema n°1 era riuscire a produrre abbastanza. PS= @Tilt mo' avrai anche il tap.. (sono serissimo.)
  24. 12 points
    Ho fatto un video con la mia nuova Telecaster Heavy Relic "L-Series", una replica '64. Si tratta del famoso brano "Yakety Axe", la canzoncina di Benny Hill nella versione di Chet Atkins
  25. 12 points
    Disbrigo la presentatio, mica che poi mi becco il cazziatone al primo post. Siccome da un bel pezzo frequento questo forum in sola lettura, mi son detto: vabé allora mi iscrivo, così magari posso sficcanasare anche la sezione "amp" che mi interessa pure lei. Le cose che mi garbano di Radiochitarra sono essenzialmente quattro: 1. " Qui non ci sono Regolamenti, se non quelli stabiliti dalla Carta Costituzionale della Repubblica italiana ." 2. L'ironia di fondo; già non reggo quelli che si prendono troppo sul serio nella realtà reale, figurarsi nella realtà virtuale di un forum per chitarristi. 3. La passione e la competenza tecnica che ho trovato qui in giro, che poi è il motivo principale. 4. Al momento non c'ho 'na lira, ma confido in un luminoso futuro che mi consenta di accattare il meglio del master built super boutique molto ma molto nos con il mojo dentro, pure se il Lex è molto più comodo e pratico di un Leslie 147. ps. C'ho anche un po' quella sfiga là del blues e delle strato. Vi informo subito che mi piacciono Hendrix, Srv, Clapton, Richards e dintorni di sopra e di sotto (solita sbobba insomma), mi piace il rockettone anche hard alla AC/DC - si è vero i loro pezzi sembran tutti uguali e mi piacciono per quello - mentre il metal anche no, ma se a uno gli piace quello io non ho problemi; mi piacciono pure i fighetta jazzosi alla Robben Ford e pure tutti quelli prima mica scherzaveno, tipo Django o Christian e svariati altri. Bravo anche Gilmour per carità. A suonare sono un cane morto però lo shuffle ce l'ho. Pentatonico incrociato con maggiorate e minorate, più quelle note lì buttate dentro un po' ad minchiam che quando ci stanno sto contento. Non mi risulta di avere l'anima bucata. Insomma, sono uno di quelli che un pezzo tipo quello sotto se lo ascolta proprio dall'inizio alla fine:
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